Siamo indotti a scelte egoistiche, e le persone egoiste non ammetteranno mai, di privilegiare l’io all’amore per gli altri. Su questo tema, così ostico, nessuno dice la verità; salvo poi accusare gli altri, particolarmente chi lancia allarmi alla categoria, di non fare abbastanza per risposte comuni (e magari vincenti) agli assalti dell’A.N.I.A. alla libertà.
Io faccio il possibile affinché questo argomento rimanga attuale, perché continuiamo, calpestando le testimonianze ereditate, a lasciarci dividere. Continuano ad imporci egoismo e ci inducono sempre di più a privilegiare, su tutto e su tutti, l’amore di sé: sul farci credere il centro del mondo.
Non a caso, questo è l’assunto psicologico di cui si servono i cacciatori di scimmie, per catturarle: la giara dal buco stretto, appena sufficiente da lasciar passare a fatica la loro mano, quando hanno preso l’esca le imprigiona; l’egoismo di non lasciare l’esca è causa primaria della loro cattura.
L’egoismo di non perdere “l’immediato” ci farà perdere un futuro di autonomia e di dignità umana.
L’egoismo ( i rapporti di fiduciarietà al ribasso) sono la causa della “cattura” della nostra autonomia imprenditoriale, della nostra libertà di cittadini. Guardando gli altri, soltanto dal loro punto di vista egoistico, i fiduciari, osservano i loro colleghi soltanto come coste di una isola posseduta o periferie di una città abitata, in entrambi i casi: come pericoli e minacce.
Si può profetizzare soltanto un futuro, dove sarà consentito solo spartire le briciole cadute dalla tavola dei “poteri forti”, nel malcontento dell’ingiustizia e della sopraffazione, nella rivalità e nell’odio. Questo potrà produrre soltanto cattiverie, generando in noi uno “stato” psico-fisico che a tempi lunghi, non è difficile che scelga in noi un “organo bersaglio” nel corpo: e ce la farà pagare!
Estendendo il concetto, col conforto degli studiosi della materia, si può affermare che chi vive a disagio con se stesso, e con disistima, cade quasi sempre in stati di depressione, che spesso si trasformano in psicopatie, e talvolta col fallimento della persona-impresa, inducono al suicidio.
Vedasi tanti artigiani e piccoli imprenditori del famoso nord-est italiano, semi-ignorati dalla grande distribuzione mass-mediatica: non fanno più notizia!
Non è irrilevante, proseguendo la riflessione, sottolineare che l’amore per la propria impresa, è un requisito fondamentale del vivere artigiano, esso deriva dall’istinto di sopravvivenza che è il fondamento di tutti gli esseri viventi. In ambito artigiano, questo amore e la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, che da questo deriva, sono le condizioni necessarie per vivere. Ed anche per sopravvivere imprenditorialmente nel nostro mercato.
Al fine di progettare, insieme, un futuro più sereno di quello che i tifosi del “dividi e impera” ci vorrebbero imporre, sarebbe opportuno riflettere sul come avevano impostato i rapporti i nostri predecessori. Per far questo sarà indispensabile ricordarlo e celebrarlo, il meccanismo che stava funzionando egregiamente, prima dell’avvento dello “zuccherino avvelenato” (il pagamento diretto) che ci fa “complici delle Compagnie” verso i clienti, e dell’accordo con l’Ania “la tana del lupo dalla quale sarà difficile uscire” verso la quale fummo attirati dallo “zuccherino”: Come ha sempre affermato un “Signore” della categoria: il compianto Renato Bittelli (carrozziere di Bologna).
Rivendicare un futuro, significa anche,(perché è indispensabile, ripeto) ricordare l’eroico passato della nostra categoria, e celebrarlo onorando i nostri predecessori, rivalutando il loro solidale vivere e sopravvivere insieme contro i colpi di chi vende di chi parla quasi mai a vantaggio di gente che fa.
E chi sono e che cosa sono gli eroi del nostro tempo, se non quelli che hanno riedificato una nazione inventando imprese che hanno poi, nel contempo, contribuito fattivamente (con le assunzioni, la formazione e l’esempio di abnegazione), alla ricostruzione di un degno tessuto sociale, privo delle discriminazioni e sottomissioni, che furono causa prima, di eccessi e barbarie durante la guerra civile. Colleghi se non “sentiamo dentro” il richiamo forte alla dignità, da parte dei nostri eroi, tutto è perduto e non ci resta che un banale “si salvi chi può” vergognoso e fallimentare.
Gianni Tassinari
Artigiano
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